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Veeam Ransomware Trends Report 2022: come dire no ad un attacco ransomware

Il 52% delle organizzazioni globali con dati criptati ha deciso di pagare il riscatto

Secondo il Veeam Ransomware Trends Report 2022, il 52% delle organizzazioni globali con dati criptati ha pagato il riscatto e recuperato con successo i propri dati, ma una su quattro non è riuscita a recuperarli. Di conseguenza, il dibattito sull’opportunità di pagare o meno continua a essere molto controverso. Mentre alcuni pagano per cercare di tornare rapidamente online e riprendere le operazioni, altri che hanno pianificato l’inevitabile possono recuperare i dati senza pagare. Con oltre 236 milioni di attacchi ransomware nella prima metà del 2022, gli attacchi stanno crescendo in volume e intensità e stanno colpendo quasi tutti i settori industriali.

Questo è dovuto all’afflusso di nuovi criminali del ransomware e agli sforzi più audaci per assicurarsi il pagamento di riscatti da parte dei malintenzionati. Tuttavia, anche se molte organizzazioni si affrettano a pagare il riscatto quando vengono attaccate, questo non fornisce alcuna garanzia di riavere i propri dati. È invece necessario che tutte le organizzazioni raggiungano un livello di temerarietà che gli possa permettere di rifiutare il pagamento sapendo che il loro backup dei dati è sufficientemente rigoroso da garantire che i tempi di ripristino siano bassi e la perdita di dati pari a zero.

Il Report Veeam spiega i pericoli che le aziende affrontano pagando il riscatto

Quando le organizzazioni accettano di pagare un riscatto, fondamentalmente lo fanno perché sono spaventate e cercano di evitare diverse conseguenze dannose, prima fra tutte il danno di immagine. Le aziende così, sono spinte a effettuare pagamenti nella speranza di rimanere fuori dalle cronache e che il disastro si risolva in modo tranquillo. I criminali del ransomware prendono di mira i backup e fanno pensare alle organizzazioni di non avere altra scelta se non quella di pagare il riscatto.

Pagare il riscatto però non da l’assoluta certezza che i dati saranno recuperati con successo e che il caso sarà chiuso. Anzi, in molti casi cedere scatena una reazione a catena: così facendo gli aggressori sono portati a chiedere sempre di più, sfruttando la loro posizione di forza. Si tratta della cosiddette doppia e tripla estorsione. La doppia estorsione è talvolta nota anche come estorsione del nome e della vergogna. Questo tipo di attacco ransomware comporta non solo il furto e la crittografia dei dati, ma anche la loro diffusione. Gli aggressori estorcono i loro obiettivi minacciando di condividere i dati rubati, ad esempio con i loro concorrenti.

Veeam Logo

La tripla estorsione invece, aggiunge ulteriore pressione alla tattica della doppia estorsione, minacciando anche un attacco DDoS (Distributed Denial-of-Service) se il pagamento non viene effettuato in tempo. In questo caso le organizzazioni non solo hanno subito l’esfiltrazione e la crittografia dei loro dati, ma rischiano anche la loro pubblicazione e la chiusura completa della loro attività. Questo è quello che accade il più delle volte quando si pagano le richieste di ransomware. Il modo migliore per evitarlo è assicurarsi che la propria strategia di backup sia abbastanza solida da poter dire di no.

Assicurarsi una strategia di backup solida

Il backup è l’ultima linea di difesa contro gli attacchi ransomware. Non tutti i backup però sono uguali. I repository di backup sono stati presi di mira nel 94% degli attacchi e quasi il 70% degli eventi informatici ha visto colpiti almeno alcuni repository. Per Veeam dunque si può dire no alle richieste di ransomware, solo se si proteggono i dati in modo giusto. La classificazione dei dati in questo senso, gioca un ruolo di primaria importanza. Quando ci si trova di fronte a una quantità apparentemente infinita di dati, è difficile sapere quali sono le parti importanti e dove risiedono. Per rafforzare la propria strategia di protezione dei dati, è necessario assicurarsi di sapere quali dati si hanno e di quali è necessario fare il backup.

I dati non classificati non sono etichettati o identificabili e questo rende più difficile assegnargli un livello di rischio. Anche l’etichettatura dei dati ad alta priorità è una parte importante del recupero degli stessi. Questo perché spesso le aziende non possono essere sicure di quali set di dati siano stati violati e sono così spinte a pagare il riscatto, proprio perché non possono escludere che i loro dati più sensibili siano stati compromessi. Oltre a garantire la classificazione dei dati, è essenziale seguire la regola d’oro del backup “3-2-1”, ma con una novità. Questa regola prevede tre copie di ogni set di dati, salvate su un minimo di due supporti diversi e con una delle copie conservata fuori sede. Nel Report Veeam ha aggiunto qualche altro numero alla fine di questa regola, rendendola “3-2-1-1-0”.

La regola del backup 3-2-1-1-0

Questo altro 1 indica che una copia dei dati di backup deve essere ospitata offline e preferibilmente deve essere custodita in sito diverso rispetto agli altri. Questo permetterebbe, in caso di perdita dei dati, di poter contare sui dati che sono rimasti isolati poiché non connessi alla rete.

Il numero 0 corrisponde al grado di affidabilità del metodo. Significa poter contare su zero errori rispetto al recupero dei dati archiviati. Questo si ottiene mediante un monitoraggio giornaliero. Seguendo questa speciale regola è possibile sfiorare il 100% di possibilità nella tutela dei propri dati. Qui maggiori informazioni sul Veeam Ransomware Trends Report 2022.

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Marzia Ramella

Scrivo di libri, film, tecnologia e cultura. Ho diversi interessi, sono molto curiosa. La mia più grande passione però sono i libri: ho lavorato in biblioteca, poi in diverse case editrici e ora ne scrivo su Orgoglionerd.

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