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Gender gap e segreto salariale: come cambia la direttiva europea

La questione della disparità salariale tra uomini e donne è da tempo al centro del dibattito politico e sociale in Europa. Per contrastare questo fenomeno, il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che introduce alcune novità in materia di trasparenza retributiva, per abbattere il gender gap. Vediamo quali sono i principali punti della direttiva e quali sono le falsità che circolano in rete.

Cosa c’è da sapere sulla nuova direttiva europea

La direttiva, che si applica sia al settore privato che a quello pubblico, ha lo scopo di garantire il rispetto del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, cioè il fatto che uomini e donne debbano ricevere lo stesso salario per svolgere la stessa mansione o una mansione equivalente. Per farlo, la direttiva prevede una maggiore trasparenza retributiva e il rafforzamento dei meccanismi di applicazione. Tuttavia, la direttiva non è ancora entrata in vigore, ma deve essere ancora approvata dal Consiglio dell’Unione Europea e poi recepita dai singoli Stati membri.

“La direttiva europea – ci spiega Joelle Gallesi, Managing Director di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato – è sicuramente molto importante e rappresenta un notevole passo in avanti per rendere i salari più equi, ma dobbiamo fare chiarezza per evitare che si generi confusione, nei candidati e in chi si occupa di selezione. Il primo aspetto che dobbiamo tenere in considerazione è che non c’è ancora un obbligo di legge. La direttiva, infatti,  entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e, entro tre anni dall’entrata in vigore, gli stati membri (Italia compresa, dunque) dovranno necessariamente adeguarsi. Ma, lo ripeto, non è una cosa che accadrà domani”. 

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Tre punti cardine della direttiva per abbattere il gender gap

Le novità principali introdotte dalla direttiva sono essenzialmente tre:

  • I datori di lavoro devono fornire ai candidati le informazioni sulla fascia retributiva relativa alla posizione per cui si candidano, senza che questi le debbano richiedere. Questo significa che non è obbligatorio inserire il salario negli annunci di lavoro, ma è obbligatorio comunicarlo al candidato prima del colloquio.
  • I datori di lavoro non possono chiedere ai candidati quanto guadagnano o hanno guadagnato nei loro attuali o precedenti rapporti di lavoro. Tuttavia possono chiedere quale sia la loro aspettativa salariale.
  •  I lavoratori hanno il diritto di chiedere ed ottenere informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

Queste misure non implicano però che i lavoratori possano conoscere i dettagli delle retribuzioni dei loro colleghi, ma solo delle medie statistiche. Inoltre, la direttiva prevede anche altre disposizioni per proteggere i lavoratori da eventuali discriminazioni o ritorsioni da parte dei datori di lavoro in caso di reclamo o azione legale per la parità di retribuzione. Ce lo spiega bene ancora Joelle Gallesi

“Sarà possibile chiedere al datore di lavoro di conoscere le retribuzioni medie e aggregate dell’azienda, ripartite per categorie (quindi i livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie tra loro equiparabili), ma continueremo a non sapere quanto guadagna il nostro vicino di scrivania. Allo stesso modo lui non saprà quanto guadagniamo noi. L’errata applicazione della direttiva porta con sé anche dei rischi. Le aziende, per ovviare alla direttiva, potrebbero trovare degli escamotage. Ad esempio potrebbero modificare il job title dei propri collaboratori, in modo da aggirare il sistema di aggregazione delle retribuzioni medie. Non solo: un’applicazione sbagliata della direttiva potrebbe generare e alimentare malcontenti e pettegolezzi inutili tra colleghi. Chi pensava, quindi, di poter conoscere lo stipendio del proprio collega o del proprio capo rimarrà inevitabilmente deluso: non sarà mai svelato lo stipendio di una singola persona, altrimenti si violerebbe il diritto alla privacy”.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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