Le imprese ICT (Information & Communication Technology) investono oltre 2,6 miliardi di euro all’anno in Ricerca e Innovazione. Ma c’è ancora molta strada da fare per avere sia eccellenze accademiche e professionali che una cultura digitale diffusa. Questo è quanto emerge alla presentazione del 1° Rapporto sulla Ricerca e Innovazione ICT in Italia, preparata da Anitec-Assinform e APRE. La ricerca è stata presentata al Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, il cui intervento ha fatto da apertura alle analisi organizzate dal MUR e Anitec-Assinform.
Le eccellenze accademiche devono trasmettersi al settore ICT
Il Ministro Gaetano Manfredi ha detto che “l ruolo delle competenze è tornato centrale e gli iscritti alle università sono aumentati”. Tuttavia l’Italia sconta ancora un gap con i principali Paesi. Per recuperarlo il Ministro spiega che bisogna anzitutto spingere “ molti più giovani, in particolare le donne, a orientarsi verso le facoltà di area STEM”. Al tempo stesso bisogna però “sviluppare le competenze trasversali e diffuse” con contaminazione fra corsi di laurea e con l’industria. Ma il Ministro vuole anche sviluppare al massimo i “dottorati industriali“, per permettere anche alle PMI del settore ICT di accedere al patrimonio di conoscenze coltivato nelle università.
Nonostante i progressi e l’aumento degli investimenti nel settore ICT (soprattutto da parte delle imprese) l’Italia ha meno ricercatori rispetto ai partner commerciali e tecnologici. Inoltre, l’età media dei ricercatori che trovano occupazione è più alta. Le aziende software e di servizi IT sono quelle che assumono di più nella Ricerca e Sviluppo, mentre nelle telecomunicazioni c’è stata una contrazione.
Fondi pubblici in aumento ma si può ancora migliorare
Nel 2018 i finanziamenti pubblici sono stati di 801,7 milioni di euro, maggiori del 27% su base annua. Questo incremento è percentualmente superiori a quelli di Germania, Francia e Stati Uniti, nonché della media UE. In valore assoluto siamo superiori solo alla Francia, che però ha incentivi fiscali (credito di imposta) per la ricerca. L’aumento è di per sé lodevole ma rimane molta strada da fare. Lo stanziamento pubblico per la ricerca e sviluppo nel settore ICT in Italia è dello 0,045% del PIL, mentre in Germania è del 0,054%. Per raggiungere la Germania, dovremmo investire altri 160 milioni di euro l’anno.
Secondo il rapporto presentato da Anitec-Assinform, ci sono bisogno di tre tipologie di intervento che lo Stato Italiano può mettere in pratica.
- Interventi a sostegno dell’offerta. Ampliamento dei finanziamenti diretti e delle agevolazioni fiscali per le aziende che investono in ricerca e sviluppo. Serve inoltre potenziare i poli di innovazione, che funzionano molto bene ma sono numericamente molto inferiori alla Germania.
- Interventi a sostegno della domanda. Innanzitutto serve una rivalutazione della domanda pubblica: la digitalizzazione del Paese passa anche da una PA capace e moderna. Gli incentivi vanno invece adottati in maniera razionale e accurata.
- Sostegno sulla filiera. Interventi strutturali, che coinvolgano l’università e l’impresa ma anche la società in maniera allargata. Soprattutto servono un mix di strumenti per la governance nell’agglomerazione dei soggetti.
Gli obiettivi sono ambiziosi. Ma i fondi di Horizon Europe possono dare una spinta decisiva nella giusta direzione.
Trovate il rapporto completo in formato PDF a questo indirizzo.
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